Via Padova: tutto il mondo in una strada

21 Maggio 2020

di DARIO PALADINI


Via Padova non lascia indifferenti: o si rimane affascinati o non ci si torna più. Lunga oltre quattro chilometri, collega piazzale Loreto alla tangenziale est. È conosciuta come la via più etnica della città. Ed è vero: il 30 per cento dei residenti è di origine straniera. Un mix di culture e lingue da oltre venti Paesi. Ma questo non dice tutto. Bisogna percorrerla a piedi lentamente per scoprirla.

L’impatto è forte, all’inizio si vedono solo le insegne in arabo, cinese o castigliano. Ma poi, passo dopo passo, si scopre che questa via può vantare una delle poche raffinate pasticcerie cinesi di Milano, una torrefazione che si fregia della targa di Bottega storica, una piadineria con prodotti biologici, un colorificio che ha ancora i pigmenti in polvere, il bar con specialità siciliane, l’enoteca con un ampio programma di serate musicali e culturali, negozi d’abbigliamento di alta moda, un liutaio o un ristorante giapponese dove è obbligatoria la prenotazione (se si vuole trovar posto). Tre giorni alla settimana c’è, ad altezze diverse della via, il mercato, con bancarelle colme di prodotti esotici. Il quartiere ha due centri islamici, tre centri di aggregazione giovanile, quattro parrocchie, la sede della chiesa mormone, diverse chiese evangeliche. Sono almeno una ventina le associazioni del territorio. Anche dal punto di vista musicale è ben dotata: c’è la banda di Crescenzago e l’Orchestra di via Padova. Per non parlare di due storiche bocciofile e due grandi parchi (il Trotter e quello della Martesana). È nata anche una social street NoLo (North of Loreto), che ha l’obiettivo di “creare connessioni tra le persone che hanno voglia di conoscersi e aiutarsi” e ha già organizzato diversi eventi. Nei cortili di ringhiera, però, la babele di lingue e culture rende la convivenza difficile. C’è chi specula sulla povertà di tanti migranti che hanno bisogno di un tetto e trasforma gli appartamenti in pensioni clandestine. “C’è un forte turn over della popolazione ed è molto difficile intervenire nei palazzi più a rischio”, spiega Manuela Manni, fondatrice dell’associazione Villa Pallavicini, nata nel 1996 in una delle antiche dimore signorili affacciate sul Naviglio della Martesana, che per un tratto corre parallelo alla via. In questi anni Villa Pallavicini ha organizzato centinaia di iniziative in ambito culturale, ricreativo e sociale: dalle serate di tango alla scuola di italiano per donne straniere. “Un quartiere con tante contraddizioni, ma con una vivacità che ancora oggi, dopo oltre vent’anni di attività, non manca di sorprenderci.” Via Padova ha i suoi angoli bui: dalla piazzetta in cui si prostituiscono le persone transessuali al bene confiscato alla criminalità organizzata e abbandonato a se stesso. Ma la storia di questo quartiere è anche scritta dalle conquiste dei volontari delle diverse associazioni, che con la loro fantasia riescono ad arginare il degrado. Come è accaduto con gli Orti condivisi: dietro al deposito dell’Atm fino a un paio di anni fa c’era uno spiazzo pieno di rifiuti, che di notte faceva paura. Ora ci crescono ortaggi e fiori, coltivati da una sessantina di persone che si dividono i raccolti. Gli Orti vengono periodicamente visitati dai bambini delle scuole del quartiere. Nati per iniziativa del circolo di Legambiente “Reteambiente”, sono diventati un punto di riferimento: anche chi non se la sente di prendere la zappa in mano, può andare a visitarli e passare qualche ora seduto in mezzo a un’oasi verde ben curata.

Nella foto in alto il murales di Sef.01 e Hadok situato in via Pontano ang. via Padova: qui tutti i dettagli sull’opera.