MAUA. Museo di arte urbana aumentata

1 Gennaio 2018

di GIOVANNI FRANCHINA, JORIS JACCARINO, ELENA DONAGGIO, ILARIA MONTEVERDI


Negli ultimi anni, in tantissime città si attuano azioni trasversali che mirano a trasformare zone disagiate in luoghi capaci di attrarre. Sembra che le comunità avvertano il bisogno di riscoprire un diritto alla bellezza anche laddove non aveva più dimora. Le istituzioni culturali italiane però, nonostante numerose sperimentazioni, mostrano molta difficoltà a interagire con lo spazio pubblico programmando opere partecipative in cui le comunità locali siano protagoniste. Se da un lato propongono contenuti di valore, dall’altro stentano a superare la contrapposizione fra autoreferenzialità comunicativa e apertura di senso. Nello stesso tempo, il settore culturale è alla ricerca di nuove soluzioni per ampliare il pubblico, e offre modalità differenti di esperire i contenuti che vedono il visitatore non più nel ruolo di fruitore passivo all’interno di un museo, ma lo abilitano come partecipante attivo nella creazione e nella condivisione dei significati. Milano è impegnata su questo fronte, per creare nuove tipologie di contenuti e per diffonderle attraverso modalità innovative che possano generare un impatto sociale significativo. Il Museo di arte urbana aumentata è un nuovo modello di museo, che nasce dall’idea di costruire percorsi espositivi che invitino cittadini e turisti a visitare Milano fuori dagli ordinari circuiti dell’arte. All’inaugurazione MAUA propone cinque percorsi allestiti in altrettanti quartieri che si configurano per ampiezza come città dentro la città: Giambellino-Lorenteggio, Corvetto Chiaravalle-Porto di Mare, via Padova-Adriano Rizzoli, Gallaratese-QT8, e Niguarda-Bovisa; zone dove difficilmente ci si reca, se non per andare a casa. Gli itinerari invitano alla conoscenza di artisti che non lavorano su tela, ma sui muri. L’esito è un museo a cielo aperto: cinquanta opere che portano alla scoperta di alcune delle parti meno conosciute della città. Un museo urbano che valorizza e mette al centro le periferie e le loro espressioni culturali. Il visitatore, una volta giunto davanti all’opera, può fruirla in due modalità. La prima è legata alla visione del murale reale, creato da artisti noti e meno noti del mondo della street art. La seconda si presenta in formato digitale: inquadrando il disegno con l’applicazione Bepart dello smartphone, l’opera si trasforma in un lavoro di digital art, grazie a tecnologie di realtà aumentata. Digitale e reale si fondono creando una nuova sintassi creativa, nuovi schemi di progettazione e nuovi risultati percettivi. In una società dinamica caratterizzata dalla diffusione di dispositivi mobili, la realtà aumentata, che consente di inserire oggetti e informazioni virtuali nel mondo reale, è destinata a rivoluzionare la relazione tra persona e interfacce digitali, spostando ogni tipo di contenuto dal web al mondo reale, appunto aumentato. Se l’ecosistema digitale si trasferisce nel mondo fisico, è naturale ripensare di conseguenza le idee di arte, informazione e città. Questo nuovo linguaggio multimediale mostra caratteristiche interdisciplinari e integra, simulando la realtà fisica, linguaggi appartenenti in origine a pittura, scultura, fotografia, cinema, gaming 3D, poesia, narrazione sonora e musicale. Il Museo di arte urbana aumentata interroga e prova a proporre una declinazione di “Cultural Smart City”, una sorta di pinacoteca ubiqua e dilatata. Uno degli obiettivi principali del museo è promuovere il dibattito su come le tecnologie emergenti possano configurare un nuovo livello di esperienza dello spazio urbano. Viviamo del resto in un’epoca che si contraddistingue per l’ingente produzione di contenuti multimediali, in certi casi anche artistici e culturali: tutti siamo potenziali portatori di nuove proposte di bellezza. I cittadini possono – e auspichiamo che in futuro vorranno – giocare il ruolo fondamentale di innescare dinamiche virtuose e creative di sviluppo urbano. Questo museo apre la strada a una nuova forma di co-creazione collettiva: 182 persone si sono occupate dell’ideazione e della realizzazione dei suoi contenuti, e di queste 83 abitano nei “quartieri-sala del museo”. Sono stati sempre i ragazzi a mappare la street art milanese, a fotografarla con attrezzature professionali e a condurre un’indagine per identificare gli autori dei murales. Più di 50 ragazzi, inoltre, hanno partecipato al workshop “Come diventare animation designer in realtà aumentata” e hanno selezionato 50 opere da elaborare con programmi di grafica specifici. Sono diventati così autori delle opere digitali che emergono dai murales interagendo con essi secondo spunti e idee originali. Sono stati coinvolti anche alcuni degli street artist, che hanno preso parte al workshop aiutando i partecipanti nell’interpretazione e nello sviluppo dei contenuti digitali. Nel Museo di arte urbana aumentata i ruoli tradizionali sono spostati, come se fosse arrivato il momento di mettersi nei panni di qualcun altro: la città è il luogo di esposizione, gli artisti sono tanti e provenienti da diversi ambiti (street artist, studenti e appassionati) e i cittadini si ritrovano a essere sia fruitori sia produttori di contenuti. Riteniamo che questo spostamento dell’audience sia in grado di produrre cittadinanza. L’insieme delle opere di street art, delle persone, dei territori e delle opere digitali si compongono a creare nuovi “percorsi aumentati” all’interno di Milano, prenotabili dal pubblico attraverso la piattaforma streetartfactory.eu. La sfida è portare nuovo turismo nelle aree più densamente abitate, ma anche più sconosciute della città. I contenuti di realtà aumentata consentono, inoltre, un azzeramento del gap tra creatore e fruitore, tipico di qualsiasi esperienza museale tradizionale. Sono qui privilegiati gli aspetti formativi e di sperimentazione comune, spontanea, da cittadino a cittadino. Le opere raramente sono didascaliche, ma preferiscono aspetti narrativi che fanno emergere l’immaginazione, l’ironia e la storia degli autori stessi. MAUA, Museo di arte urbana aumentata, è il primo della sua specie, capostipite di molti musei tecnologici del futuro che avranno come ambientazione digitale sempre nuovi spazi non canonici, aperti e diffusi nel territorio. Sono stati realizzati contenuti di realtà aumentata a partire dalle opere di street art, percorsi di formazione non convenzionali, si sono inaugurati gli itinerari espositivi, e si è preparato il catalogo. Tutto questo ha messo in luce come arte, immaginazione e tecnologia, grazie alla realtà aumentata, si alleino per valorizzare il potenziale creativo di persone spesso escluse dalla fruizione più tradizionale di contenuti artistici. MAUA fa nascere forme inedite di cultura condivisa, democratica e accessibile, e una rinnovata e più immaginifica visione degli spazi urbani: un nuovo modo di progettare la città. I primi passi sono stati fatti, ora bisogna continuare a sperimentare i processi partecipativi in una prospettiva a lungo termine. E la geografia di queste forme di riappropriazione inclusiva della città deve assumere un respiro sempre più internazionale.