Giambellino: l’assedio della gentrificazione

21 Maggio 2020

di DARIO PALADINI


Con la sua indimenticabile Ballata di Cerutti Gino Giorgio Gaber ha fatto conoscere il Giambellino anche fuori Milano. È uno dei pochi quartieri della città che ha avuto questo onore. Gaber racconta le gesta del Cerutti, ladro poco scaltro e pasticcione, conosciuto da tutti in quello che allora era un quartiere operaio, in cui si parlava ancora il milanese. Ora quel mondo non c’è più, ovviamente, ma si sta cercando di non perderne il ricordo con il bel progetto Memoria Giambellino, con cui vengono raccolti in video i racconti degli anziani. Ne emerge uno spaccato della storia di questa zona di Milano, in cui non è mai stato facile vivere.

Le prime case popolari sono state costruite dal 1930 al 1944, a ridosso della stazione ferroviaria di piazza Tirana. È sempre stato un quartiere d’approdo per i migranti: dal dopoguerra per chi arrivava dal Sud Italia, negli ultimi trent’anni per chi è giunto da Paesi di mezzo mondo.

Il Giambellino, si badi bene, non è però un quartiere sperduto in una nebbiosa periferia. È sempre stato ben collegato al centro della città, grazie alla ferrovia e al tram, che permettono di arrivare in poco tempo fino in piazza del Duomo. “Ora è un quartiere assediato”, spiega Dario Anzani, presidente della Comunità del Giambellino, storica onlus nata negli anni Settanta da un sacerdote, don Renato Rebuzzini, e da un gruppo di giovani per occuparsi dei tanti ragazzi “a rischio” della zona. “È accerchiato a nord dalla Milano della moda, che si è insediata in via Savona e via Tortona, dove una volta c’erano le grandi fabbriche, mentre da sud si stanno espandendo i grattacieli dei centri direzionali di alcune multinazionali.” Un accerchiamento che potrebbe nei prossimi anni cambiare il volto della zona. Nulla di male, in sé, ma il timore è che sia a scapito delle famiglie più povere, relegate in case sempre più fatiscenti. Comune di Milano e Aler (l’ente regionale che gestisce le case popolari) hanno progettato una riqualificazione di una piccola parte dei caseggiati, prevedendone anche la demolizione. Si tratta proprio dei palazzi che si affacciano su piazza Tirana e via Segneri, dove ci sarà una delle fermate della nuova linea 4 della metropolitana.

“Negli anni Settanta e Ottanta era una zona molto vivace, con tante associazioni che cercavano di arginare il disagio sociale”, aggiunge Dario Anzani. “Oggi le realtà del terzo settore ancora presenti sono veramente poche e i problemi sono aumentati.” Grazie a un gruppo di associazioni, è stato salvato il mercato comunale coperto, nel quale oltre ai negozi ora ci sono anche spazi per attività culturali e incontri. “Ho l’impressione che il quartiere si stia disgregando”, sottolinea Anzani. “Nella zona si sono create scuole di serie A e di serie B. Una volta invece non era così: la scuola pubblica era il luogo in cui il figlio dell’imprenditore era compagno di banco del figlio dell’operaio. Se le istituzioni perdono il loro ruolo e non riescono più a creare un senso di comunità, i problemi si moltiplicano e diventano ingestibili”.

Nella foto in alto l’opera di Mr. Blob sita in via Francesco Gonin: qui tutti i dettagli dell’opera.