Conservare la street art. La sfida del progetto CAPuS

5 Agosto 2019

di DOMINIQUE SCALARONE E SARA ABRAM


Negli ultimi decenni la street art ha conquistato spazi importanti delle nostre città e soprattutto ha saputo stravolgere il proprio rapporto con il grande pubblico e con le istituzioni. Nata come espressione artistica spontanea di ribellione giovanile e di protesta sociale, spesso illegale, col tempo ha coinvolto un pubblico ampio e diversificato, divenendo uno strumento di rigenerazione urbana sostenuto dagli enti locali, un veicolo di messaggi sociali, nonché un mezzo di espressione artistica apprezzato in modo trasversale dalla cittadinanza.

L’interesse per la street art, e più in generale per l’arte urbana, da parte delle istituzioni ha trovato conferma nella decisione della Commissione Europea di finanziare il progetto CAPuS – Conservation of Art in Public Spaces (www.capusproject.eu). Nonostante l’enorme successo mediatico e di pubblico di street art, neo-muralismo e arte pubblica, le iniziative per la conservazione di queste opere contemporanee sono ancora limitate, non ci sono protocolli operativi specifici e manca un approccio condiviso a livello internazionale. Il progetto CAPuS, partito a gennaio 2018, mira proprio a colmare queste lacune affrontando in modo organico, multidisciplinare e innovativo la questione aperta della conservazione dell’arte urbana.

In piena sintonia con le linee guida europee nel campo dell’istruzione superiore, il progetto intende valorizzare la collaborazione tra università e aziende private non solo per sviluppare nuove conoscenze, ma anche nuove opportunità lavorative e prodotti innovativi, e per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sulla necessità di preservare le espressioni artistiche in contesti urbani. Capofila del progetto è l’Università di Torino, che coordina altre 6 università e scuole di alta formazione, 4 aziende, 1 associazione, 1 museo, 1 centro di ricerca e 3 Comuni. In tutto 17 partner, situati in Italia, Germania, Croazia, Polonia e Spagna, che lavoreranno per tre anni su diversi siti al fine di raggiungere due obiettivi principali: la definizione di un protocollo conservativo specifico per le opere di arte pubblica e la realizzazione di un modulo didattico multidisciplinare per studenti universitari e per restauratori, anche fruibile su piattaforma digitale.

In Italia tale modulo sarà sperimentato dal corso di studi in Conservazione e Restauro dell’Università di Torino. Quest’ultima, in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” e con il Comune di Torino, entrambi partner del progetto, ha selezionato 13 opere, in parte realizzate nell’ambito delle iniziative promosse dal MAU, il Museo d’Arte Urbana di Torino, e in parte in occasione di vari eventi di street art, fra cui PicTurin e B.Art. La selezione, rivolta in particolare a dipinti murali, ha cercato di riunire una casistica significativa sotto il profilo della natura delle opere e dei contesti in cui sono state realizzate. Tutti i casi selezionati saranno oggetto di indagini scientifiche in situ e in laboratorio volte all’identificazione dei materiali, alla valutazione della stabilità chimica delle vernici e dei colori spray utilizzati dagli artisti e allo studio dei fenomeni di degrado a livello dello strato pittorico e dell’interfaccia supporto-pittura. I fenomeni di degradazione riscontrati più frequentemente sono sporco, depositi, lacune, delaminazione o deformazioni, efflorescenze, graffiti da atti vandalici, macchie, colonizzazione biologica e alterazioni cromatiche.

Due delle opere sono state identificate come candidati idonei per un intervento di conservazione a cui parteciperanno sia restauratori e scienziati, sia studenti universitari. La prima di queste opere è il memoriale in onore delle vittime della tragedia ThyssenKrupp, avvenuta nelle acciaierie torinesi nel dicembre 2007, un murale particolarmente interessante per significato, popolarità, stato di conservazione e tecnica esecutiva. Realizzato nel 2008, è l’esito di un intervento collettivo cui presero parte numerosi writers, tra questi alcuni membri delle due associazioni più attive sulla scena torinese dell’arte urbana, Il Cerchio e le Gocce e Monkeys Evolution.

La seconda opera su cui lavorerà in modo esteso il progetto è il murale di corso Palermo 124, realizzato nel 2014 come parte del Progetto Habitat con cui l’artista Millo ha vinto il bando internazionale B.Art. – Arte in Barriera, promosso dalla Città di Torino, dal Comitato Urban Barriera di Milano e coordinato dalla Fondazione Contrada Torino Onlus. (Nella foto il murales di Millo situato in corso Palermo 117, parte del progetto B.Art)

Oltre che definire delle linee guida pratiche di intervento basate sull’individuazione di prodotti e di metodologie conservative idonei ad arginare i fenomeni di degrado, il progetto vuole anche esplorare strategie conservative alternative o complementari. In primo luogo, le opere di maggiore interesse saranno oggetto di mappatura e saranno sottoposte a un’estesa campagna di documentazione, grafica e fotografica, con lo scopo di restituire una lettura analitica delle superfici interessate.

Un’ulteriore fase del progetto sarà dedicata ad affiancare le osservazioni dirette e le analisi diagnostiche con la raccolta di informazioni sulla storia delle opere secondo una metodologia ormai consolidata nel campo del restauro che si basa sullo scambio costante tra capacità e osservazioni di carattere tecnico, conoscenze storico-artistiche e discipline scientifiche. Si cercano quindi notizie e informazioni legate sia al momento in cui il lavoro è stato realizzato (significato dell’opera, identità degli artisti, contesto sociale e ambientale), sia alle fasi successive, in cui possono essersi verificate eventuali modifiche, trasformazioni, danneggiamenti o in cui possono essere stati presi provvedimenti che hanno influito sull’aspetto e la conservazione dell’opera, come ad esempio eventuali interventi di restauro. Questo tipo di ricerca si avvale di fonti bibliografiche e iconografiche, ma anche di testimonianze dirette. Trattandosi infatti di opere realizzate in tempi recenti, è possibile interpellare gli artisti per conoscere più a fondo la loro creatività e ricevere informazioni preziose sui materiali e sulle tecniche utilizzate. Su questo fronte, a partire da quanto elaborato a livello internazionale sul tema delle interviste agli artisti e proseguendo riflessioni avviate anche all’interno di altri progetti (si veda ad esempio www.artepoveradomani.it), il progetto realizzerà un archivio digitale contenente le testimonianze raccolte.

Nota: Il progetto CAPuS è sostenuto da un finanziamento della Commissione Europea, Programma Erasmus Plus – Key Action 2: Cooperation for innovation and the exchange of good practices – Knowledge Alliances (Progetto N ° 588082-PPE- A-2017-1-IT-EPPKA2-KA). Fanno parte dell’unità torinese Sara Abram, Alessandra Bassi, Moira Bertasa, Michela Cardinali, Paola Croveri, Monica Gulmini, Tommaso Poli, Chiara Ricci, Dominique Scalarone, Arianna Scarcella e Sara Stoisa.

Il presente testo è tratto dal catalogo Maua Torino, acquistabile sul sito di Terre di Mezzo Editore. Anche dalle sue pagine è possibile fruire dei murales in realtà aumentata, basta inquadrarle con la app Bepart scaricabile gratuitamente dai PlayStore per Android e iOS.