Visioni oltre la soglia

22 Ottobre 2025


di Valentina Tanni

 

Ogni racconto è il racconto di un viaggio – un’esperienza dello spazio.


Michel de Certeau 


Da quando i computer e le reti hanno reso possibile la creazione di oggetti virtuali, abbiamo iniziato a chiederci come mettere in relazione queste entità sintetiche con lo spazio fisico. Immersi ogni giorno di più nell’ecosistema digitale, che assorbe il nostro sguardo e traccia le nostre azioni, mal sopportiamo l’esistenza di un confine, ancora ben visibile, tra realtà e simulazione; tra lo spazio che abitiamo con il corpo e gli infiniti universi latenti contenuti nella macchina. Un confine questo che, nonostante tutti i tentativi di ricomposizione, esiste e resiste, costringendo i corpi ad attendere fuori mentre le menti viaggiano al di là dello schermo. Questa capacità di proiettare i sensi e l’immaginazione oltre i confini fisici, tuttavia, non va vista soltanto come una strategia che mettiamo in campo per compensare una mancanza. Al contrario: si tratta di una delle abilità più strabilianti dell’essere umano. Una capacità che, unita alle potenzialità generative della tecnologia, riesce a produrre esperienze intense e sorprendenti.
I sistemi di AR (Augmented Reality) sono i più efficaci da questo punto di vista: ci permettono infatti di continuare a muoverci nello spazio del mondo, godendoci la luce, i colori, i suoni e gli odori, mentre il senso della vista viene stimolato con immagini sempre nuove. La forza della realtà aumentata sta tutta nella possibilità di ancorare la simulazione all’esperienza in loco, rendendo possibile un’arte digitale site-specific. Lo schermo dello smartphone, questo oggetto così banale e quotidiano, si trasforma in un portale in grado di attivare metamorfosi, arricchire paesaggi, trasformare l’ambiente come farebbe una lente magica.
L’incontro con la street art, infine, rappresenta un momento di reciproca valorizzazione: le opere vivono una doppia vita, si estendono al di là della propria natura materiale e invadono lo spazio dello spettatore con evoluzioni inaspettate. I murales si muovono, parlano, cambiano forma e colore, invitando chi guarda all’interazione diretta. 

Le opere in realtà aumentata possiedono una speciale capacità narrativa che si incardina sull’elemento spaziale; per questo sono particolarmente efficaci quando si tratta di rivitalizzare luoghi del passato oppure connettere oggetti, personaggi e storie altrimenti lontane nel tempo. La possibilità di integrare elementi digitali con le strutture materiali in maniera diretta e convincente ha infatti l’effetto di radicare la narrazione nel contesto. 

Un aspetto particolarmente interessante di MAUA | Diamante risiede inoltre nel processo di realizzazione: non una mostra collettiva composta da lavori singoli, ma piuttosto un percorso artistico di natura corale. 

Il corpus di opere (fisiche e virtuali) di cui è possibile godere camminando per le strade della città è infatti il risultato concreto e vitale di un processo collaborativo che ha coinvolto centinaia di persone, tra cittadini, artisti e studenti. Questo approccio comunitario, che valorizza l’elemento sociale e concepisce l’arte come un momento di co-evoluzione e non soltanto come veicolo di espressione individuale, ha oggi un valore inestimabile. Non solo funziona come uno straordinario collante per la comunità, ma ci spinge anche a ripensare il ruolo che i dispositivi digitali hanno (e potrebbero avere) nella nostra vita. Non per forza oggetti che creano dipendenza e isolamento, ma strumenti che, se usati con la dovuta dose di immaginazione, possono generare cultura, rinforzare la memoria storica, connettere le persone e rendere possibili nuove esperienze estetiche.