Sono ormai trascorsi vent’anni da quando un gruppo nutrito di giovani writer ha scritto una lettera al Comune di Torino per chiedere spazi legali in cui poter esprimere liberamente la propria arte e uscire dall’anonimato. Ma è molto difficile stabilire una data in cui sui muri della città sono apparsi i primi tag e disegni, anche se sappiamo che una prima svolta avviene negli anni Ottanta, quando compare, sul muro all’angolo tra via Rossini e corso San Maurizio, Il sommergibile dipinto da Luca “Abort” Bortolusso (Torino 1964-2000). Quell’opera sancisce una cesura col passato perché è in pieno centro e non più su un edificio abbandonato della periferia, e anche perché ha uno stile non omologato e colori brillanti.
L’apprezzamento della gente è pressoché unanime, tant’è vero che nessuno la deturpa mai. Il sommergibile ha rappresentato la storia del graffiti-writing a Torino fino a che il Comune, nell’intento di “dare decoro” alla città in vista delle Olimpiadi invernali del 2006, decide di cancellare tutte le scritte e i murales senza discernimento. Quindi il sommergibile naufraga, ma non cade nell’oblio, perché tante sono le persone che, rimpiangendolo, ne hanno chiesto inutilmente il ripristino.
Nel 1999 i tempi sono ormai maturi per far prendere coscienza alle istituzioni e alla cittadinanza che una nuova forma d’arte si sta imponendo. L’assessorato alle Politiche giovanili si mette a tavolino con i writer interessati a ragionare su come far nascere una collaborazione proficua. Prende così forma il progetto MurArte: muri dati in concessione agli artisti per realizzare le loro opere, così da recuperare superfici degradate e ridurre gli atti vandalici.
Molti writer fondano delle associazioni culturali, iniziano a organizzare workshop, eventi collettivi che vedono all’opera artisti affermati e nuove leve. Progettano delle esperienze didattiche per coinvolgere i diversi gradi di scuola, onde trasferire non solo le competenze progettuali e tecniche, ma anche quelle storiche spiegando da dove nasce questa forma d’arte che esce dai luoghi canonici di musei, mostre e gallerie per invadere la città ed entrare nella vita quotidiana dei suoi abitanti.
Tutto ciò favorisce la nascita dell’evento di portata internazionale PicTurin – Mural Art Festival, ideato dall’associazione Il Cerchio e le Gocce. La manifestazione è coordinata da MurArte (settore Politiche giovanili), dalla Fondazione Contrada Torino Onlus e dalle Associazioni per la creatività urbana (Acu), con l’assistenza dell’Osservatorio internazionale “Inward” (International Network on Writing Art Research and Development). PicTurin ha luogo dal 2010 al 2012, e ha permesso a numerosi artisti nazionali e internazionali di esprimersi su enormi facciate cieche, di proprietà privata o pubblica, dal centro alle periferie. I torinesi hanno così l’opportunità di avvicinarsi all’arte del muralismo contemporaneo, e in alcuni casi partecipano anche alla scelta delle opere.
Torino da allora si veste continuamente di nuove murate sparse su tutto il suo territorio, grazie al susseguirsi degli interventi di arte urbana sponsorizzati non più solo dall’amministrazione comunale, ma anche da altri soggetti, come gallerie, privati e varie associazioni. Nell’estate del 2012, ad esempio, l’associazione BorderGate realizza il progetto “SAM” (Street Art Museum), totalmente autogestito e autofinanziato, al parco Michelotti. Nell’ex zoo di Torino si danno appuntamento sessanta artisti per dipingere muri e gabbie, dando vita all’area con nuovi ospiti allegri e colorati. Mentre nel 2013 a San Salvario, lungo via Nizza, l’associazione Urbe promuove il progetto “Nizz’Art”.
Un elemento essenziale di tutta la programmazione di street art è la Fondazione Contrada, che rappresenta il braccio operativo del Comune per avviare e sostenere la cura dello spazio pubblico e organizzare importanti concorsi per l’abbellimento dei muri della città con azioni condivise e coordinate tra pubblico e privato. Uno di questi è stato, nel 2014, il bando internazionale a favore del quartiere Barriera di Milano, un ex borgo operaio con grandi possibilità di sviluppo, intitolato B.Art–Arte in Barriera. Agli artisti è stato chiesto di ideare un unico concept che si sviluppasse su 13 facciate cieche di edifici pubblici e privati. Sono pervenute quasi un centinaio di proposte da tutto il mondo, valutate da due giurie: una di specialisti, che ha operato una prima scrematura scegliendo le quattro migliori, e una di cittadini, residenti o lavoratori del quartiere, che ha decretato Millo come vincitore unico del progetto. L’opera completa, quasi interamente in bianco e nero, s’intitola Habitat e rappresenta il rapporto tra l’uomo e il tessuto urbano (nella foto in alto uno dei muri realizzati).
Nonostante sia stato un azzardo affidare a un solo artista tante facciate su una porzione di territorio ristretta, l’impatto sul pubblico è stato di grande effetto e l’intervento ha avuto un’immediata risonanza mediatica, tale da far inserire questo percorso tra le mete da vedere a Torino secondo il New York Times.
Un’altra realtà importante presente sul territorio metropolitano è il MAU – Museo di Arte Urbana, sito nel Borgo Vecchio Campidoglio, un quartiere operaio di fine Ottocento. Il grande progetto è iniziato nei primi anni Novanta per esaltare le caratteristiche urbanistiche e architettoniche del Borgo e rivalutarne le tipicità sociali. Nel 1995 il Settore di Riqualificazione urbana di Torino ha concesso il suo appoggio e le necessarie autorizzazioni per la trasformazione artistica della zona, vista la disponibilità dei privati a far realizzare le opere d’arte sulle proprie pareti. Le prime 11 sono state dipinte da artisti volontari tra le estati del 1995 e del 1996, ma l’anno decisivo per il futuro del MAU coincide con l’inizio del nuovo secolo, quando si costituisce come associazione autonoma, il che le permette di rendere istituzionale il suo ruolo, tanto da essere inserita nella prestigiosa “Carta dei Musei” della Regione Piemonte. Non si è tralasciato nemmeno l’importante aspetto della catalogazione e pubblicizzazione dei lavori riportate sulla mappa utilizzata durante le visite guidate. Grazie a un finanziamento della Regione Piemonte, nel 2011 si è potuto creare un archivio di immagini del MAU e del Borgo Campidoglio, oltre ad alcune attività promozionali, e avviare, dal 2013, laboratori didattici di ampio respiro gestiti dall’artista Vito Navolio. Dal 2014, il MAU ha una sede nel cuore artistico e artigianale del Borgo, con vetrine su via Rocciamelone 7c a disposizione degli artisti per allestire mostre. A oggi il MAU vanta opere di elevata qualità e varietà nel Borgo Campidoglio (170) e in altre zone di Torino (55). Tutte queste azioni mirano a far interessare i cittadini al tema dell’arte pubblica e, più in generale, alle trasformazioni del paesaggio urbano, dando loro il modo di comprendere il graffitismo e di indirizzare le nuove generazioni verso una maggiore consapevolezza delle proprie possibilità espressive, e della necessità di difendere e conservare il patrimonio collettivo.
Il presente testo è tratto dal catalogo Maua Torino, acquistabile sul sito di Terre di Mezzo Editore. Anche dalle sue pagine è possibile fruire dei murales in realtà aumentata, basta inquadrarle con la app Bepart scaricabile gratuitamente dai PlayStore per Android e iOS.